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Gli attori sono molto affiatati tra loro e riescono a gestire perfettamente i serrati discorsi. Il surreale della vicenda riesce a conquistare il pubblico che, divertito, quasi parteggia per l’uno o per l’altro degli strampalati personaggi. Inevitabili le liti, gli addii, le crisi isteriche in un susseguirsi di colpi di scena che si accavallano senza mai sovrapporsi, quasi fossero tante piccole storie raccontate frammentate, che poi ritrovano inaspettatamente un senso compiuto.
Una commedia si leggera e divertente ma che fa anche molto pensare, che mette un accento sui rapporti tra uomo e donna, dove ne è un emblema anche la pole dancer, che riesce ad essere un’ottima psicologa trampolata.
Uno spettacolo brillante dove i personaggi sono calibrati e in armonia tra loro, dove si sorride in tutta la prima parte liberandosi anche in grasse risate, grazie a un ritmo serrato. Una pièce che scivola piacevolmente: botta e risposta, pescando nella memoria di ognuno di noi con luoghi comuni che si fanno ironici e coinvolgenti. L’inizio della seconda parte abbandona il tono scanzonato per una veste più impegnata, scricchiolando forse un po’, ma nel finale si ritrovano quella verve e quelle emozioni che rimangono comunque la cifra di uno spettacolo di pregio.
Meglio zitelle sa essere delicato anche quando pungente, come sono le conversazioni tra amiche intime, quelle dove anche le cattiverie hanno un altro valore. Il valore della verità, l’unica strada per ritrovarsi.
È uno squarcio pasoliniano sul male oscuro della nostra società sempre più moralista, e sempre più impegnata a puntare il dito sul lerciume in superficie che nasconde un pericolo assai più grave. È un grido di rabbia di chi conosce la realtà di una vita nascosta. La Silvestri attrice mostra una disinvolta padronanza della scena; è una donna di casa pratica oltre che una madre carezzevole; agile nel dribblare l’eccessivo (ma voluto) mobilio casalingo.
Favola nera con sottofondi comici e scioglimento inaspettato che non riveleremo. Quando apre la valigia del mestiere, ricca di abiti provocanti e seducenti, per la passata disponibilità mercenaria, Silvestri quasi commuove nel tentativo di giustificare un mestiere che è anche apparizione, commedia, travestimento.
La prima cosa che traspare è una forte critica sul nostro modo di trattare la natura. Ma c’è anche un richiamo al mondo dei reietti, perché i nostri cinghiali sono rappresentati con l’aspetto di barboni, delle persone abbandonate agli angoli delle strade, di quelli con problemi mentali o sociali, scansati da tutti per il loro aspetto o per la loro situazione. Ci appaiono come i disagiati della irriverente pellicola “Brutti, sporchi e cattivi” che ai margini della società, vivono una vita dura e opprimente ignorati dalla società.
Vedere a teatro una storia così profonda e divertente ambientata a Roma è alquanto invitante. A conti fatti tutti i messaggi che Veronica Liberale tratta risultano efficaci, dalla guerra alla speranza passando per l’edificazione selvaggia. La guerra, in particolar modo, viene approfondita a tal punto che lo spettacolo non esige nel dare una risposta su come mettere fine al difficile rapporto tra animali ed esseri umani, ma senza ombra di dubbio non potrebbe esistere una convivenza pacifica se entrambe le specie non riescono a convivere tra loro
La commedia è sicuramente ben scritta, vincente. Questi attori hanno saputo sfruttare appieno la sceneggiatura, farla vivere, anzi esplodere coinvolgendo la platea che ha dimostrato di aver oltremodo apprezzato storia e performance.
Confusionari e divertenti, questi cuochi si avvicendano e accavallano forsennatamente tra una scena e l’altra. Insieme intrattengono il pubblico tra risate ed applausi dando vita ad una commedia leggera, frizzante e divertente che gira intorno ad un tema originale per il teatro come quello della cucina, che se è tanto in voga nei programmi televisivi, al contrario non è usuale in teatro.
Lo spettacolo è divertente, incalzante nei ritmi e ricco di sorprese. Temi importanti come l’amicizia, l’occupazione, le aspettative, vengono trattati con ironia senza svilirne la rilevanza, ma mostrandone tutta la complessità e drammaticità. Una storia raccontata con sarcasmo, coinvolgente per il forte messaggio sotteso
Spassoso e leggero, “Il Letto Ovale” ci ricorda, in fin dei conti, la morale di Collodi: le bugie hanno il naso lungo e le gambe corte.Prima o poi la verità esce fuori, ma quante risate prima che lo faccia. Forse anche dopo.
Gli attori, tra cui Matteo Vacca, Martina Zuccarello, Claudia Ferri, Elisa Pazi, Eleonora Santini, Walter Del Greco, Eric Bastianelli, Floriana Corlito e Alessandro Bevilacqua, sono stati elogiati per le loro interpretazioni brillanti che hanno portato vita a personaggi che giocano con la propria identità in un vortice di situazioni incalzanti, le cui soluzioni si sveleranno solo nel finale. Un aspetto che ha contribuito al successo dello spettacolo è stata la scenografia ben strutturata che ha permesso al pubblico di immergersi completamente nella trama, aumentando l’immersione e l’esperienza teatrale.
Ci si diverte ininterrottamente con una comicità quasi disarmante giocata sull’equivoco che, alimentato da imprevisti, diventa paradosso. D’effetto la scenografia che riesce a ricostruire sul palco i vari ambienti della casa consentendo, attraverso le molte porte presenti, un frenetico va e vieni dei vari personaggi. Da apprezzare l’impegno profuso da tutti gli attori, ma l’interpretazione della romagnola scrittrice di successo e dell’arredatore dandy, sono assolutamente memorabili. Finale rigorosamente a sorpresa.
Genuini e disinvolti, Vado e Stalteri personificano un intimo quadretto narrativo con personalità, primeggiando con una puntuale e perfetta dizione. Un solo ambiente scenografico, una stanza, ma non pochi i gesti e i movimenti: i due attori difatti sono abili nel ricreare, con corpo e giusti toni di voce, quel calore confidenziale che, nonostante la lontananza emotiva, si respira in ogni coppia duratura; come caloroso è anche lo scambio dialogico, contraddistinto da battute non ritmicamente e vivacemente farsesche, ma finemente, equilibratamente, umoristiche.
Curata la regia di Nicola Pistoia che non ha voluto contaminare (italianizzare) eccessivamente le figure dei protagonisti. La costruzione della scena, infatti, è coerente con quanto previsto dal testo e da quanto dallo stesso ci si potrebbe attendere. Forse, si poteva osare un po’ di più sulle manie, fragilità e tic dei protagonisti. Commedia godibile. Da parte degli spettatori c’è la necessità di attenzione per percepire le sottili sfumature emotive proposte dal testo e restituite dagli attori.
Rifiorisce la dolce intimità e la donazione totale al compagno di vita, elementi essenziali su cui si fonda un matrimonio, resi più attraenti ed efficaci dal sarcastico e brillante, graffiante, duello verbale, che non risparmia proditori colpi bassi figurati, reso umoristico e comico nei passi salienti dalla perfetta mano registica del veterano “ maestro” di palcoscenico Nicola Pistoia, a cui l’interpretazione di fine classe stilistica ed elegante, signorile, movimento e postura sulla scena dei due protagonisti Danila Stalteri e Massimiliano Vado, contribuisce pienamente per il successo della pièce.
È uno spettacolo che offre tutto, risate, momenti di commozione e riflessione. Una storia vicina a tutti noi che ricorda quanto sia difficile mantenere vivo un matrimonio negli anni, soprattutto al giorno d’oggi, provando a trovare una soluzione per salvare qualcosa che apparentemente sembra al termine, ma che in realtà nasconde ancora piacevoli sorprese.
L’opera è gradevolissima, molto fluida nello scorrimento, ma non per questo priva di significati sui quali non sarebbe male riflettere. Consigliata per un pubblico di ogni età.
Tutti gli attori impegnati sul palco recitano con grande disinvoltura e intensità, sorreggendo il peso della messinscena con un’apparente facilità che li lascia arrivare agli occhi del pubblico come interpreti di grande talento e perfettamente affiatati tra loro.